Il 26 novembre 2016 centinaia di migliaia di donne provenienti da tutta Italia hanno attraversato Roma al grido di “Non una di meno”, trasformando la condizione di violenza e ingiustizia che ogni donna subisce quotidianamente in una marea autorganizzata e determinata a stravolgere i rapporti di potere che impongono le discriminazioni e le diseguaglianze di genere.
I dati sulla violenza maschile sulle donne sono inquietanti: una donna su tre ha subito violenza fisica, psicologica o sessuale. Ogni anno in Italia si commettono in media 100 femminicidi, una vera e propria guerra alle donne che nella maggior parte dei casi si consuma tra le mura domestiche ad opera di conoscenti, amici, compagni e famigliari. La violenza sulle donne non è un fenomeno emergenziale ma strutturale e trasversale all’estrazione sociale e all’appartenenza politica, culturale e religiosa, supera i confini geografici e per questo non può essere ricondotto ad un mero problema di ordine pubblico, come vorrebbero molti razzisti. Sì, perché a parole la condanna della violenza maschile sulle donne è bipartisan, ma poi tollerata dai più nei fatti ed in alcuni casi anche alimentata.
La violenza sessuale e fisica è solo la punta dell’iceberg della violenza che noi donne viviamo ogni giorno. La violenza delle battute sessiste tra gli amici, sul posto di lavoro e in famiglia; la violenza di avere una busta paga sempre e comunque più bassa; la violenza di chi ti vorrebbe a casa con i figli perchè “il tuo posto è quello”; la violenza della prima domanda ad un qualsiasi colloquio di lavoro “hai figli?”; la violenza di un obiettore di coscienza che ti spiega che avere figli è un obbligo a cui non puoi sottrarti; la violenza del partner che pensa che tu sia una sua proprietà e si sente in diritto di controllare i tuoi movimenti e le tue scelte; la violenza del giudizio per il tuo modo di vestire o per le tue scelte sessuali; la violenza della politica istituzionale che strumentalizza le questioni di genere a scopi elettorali e pubblicitari e allo stesso tempo taglia i fondi ai centri antiviolenza dislocati sui territori (quello di Alessandria, Me.Dea, si trova oggi nella condizione di dover chiudere proprio per la mancanza di finanziamenti); la violenza dei media che costruiscono una narrazione stereotipata e distante dalla vita vera, trasformandoci una volta in vittime impotenti e una volta in “poco di buono che se la sono cercata”, vendendo i nostri corpi come pezzi di carne, oggetti sessuali che soddisfino il piacere maschile, calando giudizi sulla nostra integrità morale e sull’accettabilità sociale dei nostri comportamenti.
La violenza riguarda tutt* noi e attraversa ogni aspetto del vivere sociale, controlla e addomestica i corpi e le vite delle donne, spesso senza che neanche ce ne si renda conto. Quello che serve è un cambiamento culturale radicale che parta dalla formazione, dalla scuola, dal linguaggio, dai fondi ai centri antiviolenza, dalla costruzione di reti di solidarietà tra donne che sappiano affermare che nessuna è sola e che se toccano una toccano tutte, perchè non possiamo considerarci libere se non sono libere tutte.
Adesso basta! è il grido che si alza nelle piazze di migliaia di città nel mondo.
In Polonia, in Argentina, in Spagna e in molti altri Paesi gli scioperi e le proteste delle donne che si ribellano alla violenza e al femminicidio e lottano per l’autodeterminazione hanno paralizzato intere economie, mostrando la potenza di aggregazione e trasformazione sociale che i movimenti antisessisti sono in grado di riprodurre. I corpi delle donne invadono le strade, costruiscono ponti e narrazioni comuni da una parte all’altra del mondo. La mobilitazione dilaga ben al di là dei confini nazionali e porta alla ribalta la potenza politica delle donne.
In più parti del mondo le donne hanno deciso di riprendersi la propria dignità e di scendere in piazza per scardinare la cultura dominante maschilista, macista, lesbofobica, razzista e transfobica.
Il percorso “Non una di meno” ha accolto la proposta delle donne argentine di costruire uno sciopero globale delle donne per il prossimo 8 marzo, una giornata di sciopero dei generi e dai generi che attraverserà più di venti Paesi nel mondo per ribadire con forza che “se le nostre vite non valgono, allora noi non produciamo!”. Inoltre, a partire dai tavoli di discussione avviati il 27 Novembre, si sta elaborando un Piano Femminista Contro la Violenza che diventerà la piattaforma su cui costruire la giornata dell’8 Marzo e il punto di partenza per dare vita e forma ad un processo di cambiamento reale e dal basso della condizione e dei diritti delle donne.
Anche ad Alessandria, seppur con il classico ritardo che caratterizza spesso le realtà di provincia, qualcosa sta iniziando a muoversi e va affermandosi la consapevolezza di dover affrontare con determinazione e protagonismo la giornata dell’8 Marzo. Invitiamo quindi tutte e tutti a partecipare all’assemblea pubblica che si terrà Sabato 4 Febbraio alle ore 17.30 alla Taglieria del Pelo (Circoscrizione Pista) in Via XX Settembre per incontrarci e discutere insieme i prossimi passi.
Dovremo essere tant*, ribelli, creativ*.
Non una di meno Alessandria