Con una grande e partecipata assemblea pubblica all’Ex Taglieria del Pelo, il 4 di Febbraio anche Alessandria ha scelto di farsi attraversare e travolgere dal fiume in piena di Non una di Meno, un percorso che riconsegna protagonismo e capacità di discorso alle donne in un contesto sociale che le vorrebbe più che mai compiacenti, silenziose e aderenti agli stereotipi e ai modelli imposti dai media, dal machismo e dal culto dell’immagine.
In Italia Non una di Meno nasce lo scorso autunno con la grande manifestazione del 26 Novembre a Roma e con le giornate di discussione e dibattito che l’hanno seguita e preceduta; in questo periodo centinaia di migliaia di donne in Italia scelgono di accettare la scommessa lanciata da più angoli del mondo, quella di tornare a riempire le strade, le piazze, i dibattiti pubblici, le scuole, le case e i posti di lavoro sfidando quel potere maschile, eterosessuale, bianco, benestante e possibilmente di bell’aspetto che produce e riproduce discriminazione, disuguaglianza, povertà e razzismo.
Nello stesso periodo in tutto il mondo le donne iniziano a discutere e ad autorganizzarsi, utilizzando le piazze come luogo di denuncia della condizione femminile e come spazio di riappropriazione e autodeterminazione: dalle mobilitazioni in Polonia in difesa del diritto all’aborto alle marce argentine per dire basta a violenza e femminicidi, per arrivare fino alle oceaniche manifestazioni negli Usa contro il maschilismo misogino di Donald Trump, un filo inizia a tessersi e a riattivare la rete che lega e unisce quella metà del mondo che da millenni subisce la prevaricazione e la violenza degli uomini.
I movimenti di circa quaranta Paesi del mondo scelgono così di convergere su un’unica giornata, l’8 Marzo, con l’intenzione di riappropriarsi di quella data e della sua storia, sottraendola a chi credeva di poterla utilizzare come un comodo inno alla femminilità della durata di 24 ore, durante le quali è sufficiente qualche fiore, una bacio e una serata di libera uscita per pulirsi la coscienza e ricominciare, la mattina dopo, a negare il diritto all’aborto, licenziare per una gravidanza, picchiare, violare e uccidere.
L’ambizione e la determinazione di Non una di Meno hanno affascinato e aperto dibattiti, al punto che, per contagio, i comitati e i gruppi di donne si sono moltiplicati su tutto il territorio nazionale, arrivando perfino alla piccola città di provincia in cui viviamo. La risposta all’indizione della prima assemblea cittadina è andata al di là di tutte le aspettative e ha rappresentato l’inizio di un percorso che ha come primo obiettivo la costruzione dell’8 Marzo, ma che intende considerare quella giornata come un punto di partenza, un’occasione per riaprire il dibattito allargandolo sempre di più, portandolo nei luoghi della vita quotidiana e sui media nazionali, all’interno delle nostre case e delle nostre relazioni famigliari così come nel dibattito politico ed economico internazionale.
La giornata dell’8 Marzo sarà sorretta da otto pilastri, tanto saldi quanto innovativi, che affrontano la violenza di genere nelle sue differenti sfaccettature – da quella giuridica a quella educativa, da quella del linguaggio a quella medica – con l’obiettivo di produrre un Piano Femminista contro la Violenza sulle Donne che venga fatto proprio a livello nazionale e che non sia l’ennesima cartastraccia calata dall’alto per ottenere qualche voto, ma che sia invece frutto di un lavoro dal basso collettivo, fatto di discussioni, assemblee pubbliche e ragionamenti condivisi. Lo stesso lavoro di confronto si è sviluppato anche nell’immaginare quella giornata, quando – prima nelle assemblee nazionali e poi nei comitati presenti nei singoli territori – ci si è interrogate sulla forme e sulle modalità da utilizzare.
Da qui è emersa la convinzione di non poter affrontare un tema così profondamente trasversale alla società tutta in un ambito delimitato e di dover produrre invece un sforzo di ragionamento maggiore al fine di moltiplicare i terreni di intervento, con l’obiettivo di raggiungere e restituire la complessità della realtà femminile che non può essere inquadrata esclusivamente nel lavoro o nella gestione della casa, ma che attraversa e definisce tutti gli spazi dell’agire sociale, dai luoghi di formazione ai mercati, dalle aule di tribunale ai centri antiviolenza, dai consultori alle strade.
E’ così nata l’idea di lanciare uno sciopero che non si limiti a riproporre le dinamiche classiche dell’astensione dal lavoro, ma che si allarghi invece a tutti i contesti di vita riproduttiva di cui le donne sono allo stesso tempo custodi e vittime.
Proprio partendo da un ragionamento che guardi all’interezza della vita delle donne, la scelta di affrontare il tema dello sciopero riproduttivo assume centralità nella giornata dell’8 Marzo. I meccanismi legati allo sciopero “classico” risultano infatti utili ma non sufficienti per affrontare e rispondere alla complessità delle relazioni di genere e devono essere affiancati da risposte che mettano in discussione la quotidianità tutta delle nostre vite e che permettano di comprendere a fondo cosa realmente significherebbe un mondo senza donne.
Durante quella giornata invitiamo tutte le donne ad astenersi non solo dal lavoro (nei casi in cui questo sia possibile), ma anche dal consumo, dall’utilizzo dei social, dalla cura dei figli, degli anziani e della casa, perchè solo così sarà possibile rendere veramente l’idea di cosa significhi essere donne, di quanto il lavoro di cura sia sottostimato e di quanta sia la strada ancora da fare.
Infine invitiamo tutte le donne – ma anche tutti gli uomini che si riconoscono nel dibattito di Non una di meno e che rifiutano gli stereotipi machisti di realizzazione, ricchezza, eterosessualità e possesso che sono loro imposti – a partecipare alla grande manifestazione che si terrà in centro città (concentramento in Piazzetta della Lega alle ore 18) e alle altre iniziative che si svolgeranno durante la giornata.