La Regione Piemonte continua ad adoperarsi per “regalare” all* cittadin* brutte sorprese.
Dopo mesi di duro lavoro è, infatti, riuscita a partorire l’atto dirigenziale DD 405/A1413C/2021 che prevede il pagamento del ticket e l’obbligo di prenotazione presso il CUP per tutt* coloro che avranno necessità di visite ginecologiche di controllo e altri servizi sanitari presso i consultori della regione.
Prenotare un controllo ginecologico tramite lo sportello CUP Piemonte, invece che accedervi direttamente – spiegano le attiviste di Non Una di Meno, Casa delle Donne di Alessandria – significa attendere settimane o mesi per un appuntamento, correre il rischio di essere visitat* in ospedale, invece che all’interno dei consultori. Questi sono luoghi dall’importante ruolo sanitario, ma anche politico e sociale già fin troppo provati da anni di de-finanziamenti, tagli al personale, accorpamenti, riduzione dei servizi, come dimostra l’inchiesta sulla salute di Non Una di Meno Torino (disponibile cliccando qui).
Ad Alessandria, così come in molte altre città italiane, i consultori hanno una bellissima storia femminista: negli anni ’70 sono stati voluti e sono nati dall’iniziativa delle donne, che erano presenti assieme ai sanitari, accompagnavano l* pazienti, realizzavano momenti di formazione e informazione, rivolti a tutt*, garantendo un servizio libero e gratuito.
Con la legge del ’75 i consultori sono stati istituzionalizzati, passando sotto il controllo delle regioni e mantenendo (almeno formalmente) la caratteristica della gratuità e dell’accesso immediato ai servizi. Almeno fino a poche settimane fa. Questa direttiva colpisce definitivamente i consultori già profondamente erosi dagli innumerevoli tagli alla sanità, già massacrati da un progetto sanitario sempre più rivolto alla medicalizzazione dei servizi. Dall’entrata in vigore della direttiva solo alcuni servizi sono rimasti ad accesso diretto e esenti ticket (come l’assistenza alla gravidanza, le necessità legate alla contraccezione, i percorsi con gli adolescenti, l’interruzione di gravidanza).
“In poche parole – spiegano le attiviste – se non sei incinta o se non sei un* giovane che richiede informazioni in merito alla contraccezione, devi pagare il ticket. Il 23 ottobre scorso scendevamo in piazza per denunciare l’invisibilità di alcune malattie che colpiscono le donne e le persone assegnate femmina alla nascita, questa direttiva non fa altro che aggravare le cose.
Non ne possiamo più di vedere la nostra salute all’ultimo posto”.
Fin troppo spesso le donne e le soggettività LGBTQIA+ non ricevono cure adeguate perché la medicina è costruita a partire dai corpi maschili, bianchi e cisgender. Troppo spesso nelle facoltà di medicina l’interruzione di gravidanza non è materia di studio, per non parlare di Vulvodinia, fibromialgia, endometriosi, neuropatie del pudendo, che, di conseguenza, finiscono per avere ritardi diagnostici che vanno dai 5 ai 7 anni.
“Con questa operazione – aggiungono da Non Una di Meno – sembra proprio che la Regione abbia deciso di fare una nuova mossa in quella che non possiamo che definire una crociata sui corpi e sulla salute delle donne e delle persone LGBTQIA+. Non è bastato il bando dedicato al finanziare realtà antiabortiste nei consultori che ha trovato piena applicazione, l’attacco alla nostra salute continua con la mancata applicazione delle linee guida ministeriali per l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico (qui la diffida delle ginecologhe) e ora con lo stop agli accessi diretti e gratuiti al consultorio.
I consultori dovrebbero essere un importante presidio pubblico per la salute di tutt*, dovrebbero avere personale e risorse sufficienti a garantire assistenza a tutte le fasce di utenza (donne, mamme, giovani, persone in menopausa, soggettività LGBTQIA+), gratuitamente e senza percorsi ad ostacoli”.
La Regione Piemonte si ostina a fare la guerra alle donne ed alle soggettività LGBTQIA+. Ma noi non intendiamo arrenderci!
Ci vogliamo viv*, ci vogliamo in salute, ci vogliamo liber*!