Mentre continuiamo a contare i femminicidi e le vittime di una cultura patriarcale e tossica, il Governo e la maggioranza scelgono di voltare le spalle alla prevenzione e di cancellare uno degli strumenti più importanti per metterla in pratica: l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.
L’emendamento presentato dalla Lega e approvato ieri in Commissione Cultura della Camera, che vieta percorsi di educazione alle relazioni e alla sessualità nelle scuole medie, rappresenta un passo indietro gravissimo e irresponsabile.
Il progetto “Educare alle relazioni” del Ddl Valditara era già inutile e inefficace: 30 ore extracurricolari, solo alle superiori, su base volontaria e previa approvazione delle famiglie.
Una misura vuota, simbolica, incapace di incidere su quella cultura patriarcale che continua a generare violenza.
Ora, con questa ulteriore stretta, il messaggio è chiaro: si vuole negare l’educazione al rispetto, al consenso e alla libertà.
Questa decisione non è “buon senso”, è l’ennesima dimostrazione che in questo Paese la vita, l’autodeterminazione e il benessere delle persone, in particolare donne e soggettività LGBTQIA+, contano meno delle più becere ideologie conservatrici.
Nel 2025, davvero possiamo ancora pensare che relazioni, affetti, corpi e sessualità siano temi marginali nella crescita di una persona?
Davvero crediamo che l’educazione possa limitarsi alle materie “tradizionali”, dimenticando il benessere, le emozioni, la consapevolezza di sé e degli altri?
Non esiste educazione completa senza educazione affettiva e sessuale e non esiste prevenzione alla violenza senza un processo educativo serio, strutturato e continuativo fin dai primi anni di vita.
Non si può crescere liberə se non si impara a riconoscere i propri limiti, i propri desideri, i propri diritti e quelli dell’altro.
Mentre Paesi come Svezia e Paesi Bassi iniziano a educare al corpo e alle relazioni fin dall’infanzia, e Francia, Germania e Spagna lo rendono obbligatorio dai 6 anni, l’Italia sceglie di allinearsi a una minoranza (Bulgaria, Polonia, Ungheria), sfruttando l’alibi delle “Indicazioni Nazionali” in cui- secondo la Lega- “rispetto” e “empatia” sarebbero già inclusi. Non è così. Le relazioni, la sessualità, l’affettività, i corpi, l’orientamento sessuale e il consenso sono temi complessi che richiedono percorsi strutturati, continui e gestiti da professionistə, non generici accenni curriculari.
Un Paese che ha paura di parlare di educazione sessuale è un Paese che accetta la violenza come normalità e che accetta di crescere giovani lasciatə solə a imparare l’amore e la sessualità dai social, dal porno, dai modelli della violenza.
Chiediamo educazione sessuo-affettiva in tutte le scuole, di ogni ordine e grado.
Chiediamo politiche che mettano al centro il benessere, la libertà e l’autodeterminazione delle persone, non le paure ideologiche di pochi.
L’educazione non è indottrinamento. E’ prevenzione, cura, libertà.