Ancora una volta, le istituzioni pensano di avere la “soluzione” pronta per sostenere la maternità: un Bonus Mamme, una tantum, destinato alle donne lavoratrici con 2 o più figli. E si chiama Bonus Mamme, non Bonus Genitore, perché come sempre tutto ciò che appartiene alla sfera della cura della famiglia e dei figli viene attribuito unicamente alle donne.
Nulla di strutturale, nulla che risponda davvero ai bisogni concreti: il costo della vita alle stelle, il lavoro precario, i consultori sotto organico, i centri anti violenza che arrancano. Ma bastano poche centinaia di euro e tutto è risolto, giusto?
Per noi queste misure sono ridicole e servono solo a dare l’illusione di “fare qualcosa” mentre il sistema continua a ignorare i problemi strutturali che impediscono alle donne di scegliere serenamente se diventare madri. Se si elargisce il bonus ma, contemporaneamente, non vengono potenziati i servizi essenziali- consultori, asili nido, politiche di welfare e sostegno alla maternità sul lungo periodo- l’effetto è limitato e puramente simbolico.
Sappiamo bene che in questo momento storico, e soprattutto per donne vulnerabili, anche qualche centinaia di euro possono essere utili, ma da sole non bastano. Finchè non si interverrà in modo sistemico, tutti i discorsi su maternità e denatalità resteranno vuoti e ideologici. Non servono campagne moraliste o fondi che cercano di indirizzare le donne: servono diritti, libertà, servizi, reddito e accesso reale all’autodeterminazione.
E giusto per essere chiare: anche nel migliore dei mondi possibili, ogni donna ha il diritto di scegliere se e quanti figli fare, senza sentirsi giudicata, colpevolizzata o marchiata come buona o cattiva cittadina.

