Quasi 10.000 donne dall’8 al 10 Marzo hanno partecipato al “Primo Incontro Internazionale Politico Artistico Sportivo e Culturale delle Donne che Lottano” convocato dalle zapatiste nel Caracol di Morelia, in Chiapas, sud-est messicano. Anche una delegazione di Non una di Meno ha raggiunto l’altra parte del mondo per unirsi alle donne in lotta dei cinque continenti, mentre le piazze italiane venivano attraversate dalle diverse forme dello sciopero globale dell’8 Marzo.
La strada tracciata dalle zapatiste negli ultimi trenta anni ci ha insegnato che la dimensione collettiva e la messa in discussione dello status quo sono la chiave per decostruire i ruoli di genere imposti dal sistema patriarcale nella societa’ e nei nostri spazi di vita quotidiani. Ancora prima del 1994, anno del Levantamiento dell’EZLN, le donne indigene hanno inizato a incontrarsi, confrontarsi e discutere, spesso clandestinamente, per acquisire protagonismo all’interno del processo di lotta. Oggi quelle donne hanno imposto la loro presenza attiva nei luoghi di decisione politica, sperimentando forme di autonomia e riorganizazzione delle loro comunita’.
E’ con questa determinazione e dignita’ che le “mujeres rebeldes” sono riuscite a riunire le donne in lotta in un evento dalla portata mondiale che rappresenta un passaggio storico non solo per i movimenti di rivendicazione e protagonismo femminile, ma per tutte e tutti coloro che vanno alla ricerca di una nuova prospettiva di trasformazione sociale dal basso.
Nell’epoca in cui le violenza e le disuguaglianze riprodotte in ogni angolo del mondo dal capitalismo affondano le loro radici in una cultura machista e patriarcale che colpisce, sfrutta, uccide, denigra, viola le donne in quanto tali,tutte noi presenti a Morelia, cosi’ come le tante che avrebbero voluto esserci, abbiamo deciso di non abbassare la testa e di gridare Ya Basta.
Come detto dalla comandanta Erika nel discorso di apertura dell’incontro, siamo come i boschi che circondano i luoghi della lotta zapatista, composti da alberi di specie differenti, in cui, anche all’interno della stessa specie, ogni esemplare e’ diverso dagli altri. Anche noi abbiamo storie, modalita’, tempi e luoghi diversi, ma un unico denominatore comune: ai femminicidi, alla violenza istituzionale, al continuo innalzamento di muri e frontiere e alla devastazione dei territori, rispondiamo con forme di resistenza attiva, consapevoli che solo da noi puo’ partire la costruzione di un’alternativa.
Per questo abbiamo deciso di condividere esperienze e strategie di contrasto alla violenza di genere e alla sua dimensione sistemica in tre giorni di discussioni, laboratori, proiezioni e iniziative culturali e sportive.
Noi, donne zapatiste e indigene dell’America Latina, afroamericane e palestinesi, indiane delle riserve, femministe europee e donne curde in resistenza, abbiamo stretto un patto: restare vive. L’unico modo per farlo e’ continuare a lottare.
La partecipazione, la determinazione e gli sguardi delle donne presenti confermano le parole pronunciate dalle sorelle curde nel videomessaggio inviato: questo e’ il secolo della rivoluzione delle donne, questo e’ il momento di camminare insieme tra uguali e differenti per ridefinire non solo i rapporti tra i generi, ma anche per portare nella societa’ quel cambiamento necessario ad arginare ogni forma di razzismo, sopruso, disuguaglianza, devastazione.