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3.3.2019 – Mostra fotografica “Mujeres de maiz” sul Primo Incontro delle Donne che Lottano in Chiapas

Mujeres de maiz – Una mostra fotografica per raccontare il Primo Incontro Internazionale Politico Artistico Sportivo e Culturale delle Donne che Lottano tenutosi tra l’8 e il 10 marzo 2018 nel caracol di Morelia, Chiapas, Messico.

L’8 marzo del 2018 le donne indigene delle comunità zapatiste messicane hanno lanciato un coraggioso appello alle donne di tutto il mondo, invitandole a raggiungere i meravigliosi territori del Chiapas per un incontro di portata globale, in grado di mettere in relazione tra loro le lotte contro violenza e discriminazione che quotidianamente vengono portate avanti in ogni angolo del pianeta.

Quella scommessa apparentemente folle portò nel Caracol zapatista di Morelia quasi 10.000 donne, che passarono 4 giorni a discutere, creare, performare, fare sport, arte e politica a partire dai propri percorsi di autodeterminazione e dalle esperienze prodotte nei propri territori.

La ricchezza espressa da quelle giornate è stata possibile grazie alle donne dell’EZLN che – all’interno del contesto di rivoluzione sociale, culturale e politica che da venticinque anni attraversa le popolazioni indigene del Chiapas – hanno saputo declinare una prospettiva di genere forte e radicale e imporla all’interno del processo di trasformazione di cui sono parte.

Le mujeres de maiz, le donne del mais, sopravvivono e mantengono in vita le proprie comunità da decenni nonostante malattie, povertà, attacchi militari e paramilitari, divieti di accesso ai servizi e politiche che minano a distruggere l’autodeterminazione dei popoli e delle donne indigene. E proprio loro, senza risorse, senza ricchezze, senza potere, sono riuscite a chiamare a raccolta migliaia di donne con l’offerta di stringere un patto: restare vive. E per restare vive non vi è altra strada se non la lotta, una lotta collettiva e globale, che si dota di pratiche e strumenti differenti ma che individua nel sistema neoliberista, capitalista e patriarcale, un unico potente nemico.

Alcune attiviste di Non una di Meno Alessandria, Chiara, Lucia, Marta e Giulia, hanno avuto il privilegio e la fortuna di essere parte di quegli splendidi giorni a Morelia e oggi, a distanza di un anno da quell’esperienza, vogliamo provare a restituire una piccola parte di quelle emozioni e di quella potenza a chi non c’era e, forse, avrebbe voluto esserci.

Pochi giorni fa le “mujeres de maiz” hanno annunciato che quest’anno non saranno in grado di ospitare il Secondo Incontro Internazionale delle Politico Artistico Sportivo e Culturale delle Donne che Lottano (link); ogni donna in lotta nel mondo, quindi, trascorrerà l’8 marzo nel territorio in cui vive e il compito che insieme vogliamo darci è quello di portare avanti il patto stretto durante quell’incontro, consapevoli che di fronte alla barbarie, alla violenza e al razzismo che viviamo quotidianamente, mantenere teso quel filo che ci unisce ad ogni angolo del mondo è l’arma più potente che abbiamo a disposizione.

Questa mostra fotografica, che raccoglie alcune delle immagini dell’Incontro tenutosi a Morelia tra l’8 e il 10 marzo 2018, vuole essere un modo per continuare a guardare quel filo e non dimenticarsi che ogni singola donna di questa città, con la sua esperienza, la sua storia, la sua lotta, è parte di qualcosa di più grande. Qualcosa che supera confini e barriere, stereotipi e pregiudizi, per mettere in discussione le radici di un sistema che per sopravvivere si nutre di sfruttamento, disuguaglianza, razzismo, paura e violenza.

La mostra sarà inaugurata domenica 3 marzo alle ore 17. Saranno presenti le attiviste di Non una di Meno Alessandria che hanno partecipato all’incontro e che racconteranno chi sono le “mujeres de maiz” e cosa ha significato l’appuntamento globale dell’8 marzo 2018. Al termine della presentazione aperitivo con dj set. La mostra sarà visitabile per tutto il mese di marzo nelle giornate di apertura della Casa delle Donne (lunedi e giovedì dalle 17 alle 19.30 e durante tutti gli eventi).

 

“Ci sono donne che hanno studiato, che hanno il dottorato, la laurea, ci sono ingegnere, scienziate, maestre, studentesse, artiste, dirigenti.

Ecco, noi non abbiamo molto, alcune di noi parlano a malapena lo spagnolo.

Viviamo in queste montagne, le montagne del sud-est messicano.

Qui siamo nate, qui siamo cresciute. Qui lottiamo. Qui moriremo.

E vediamo ad esempio quegli alberi laggiù che voi chiamate “foresta” e noi chiamiamo “montagna”.

E sappiamo che in quella foresta, su quella montagna, ci sono molti alberi diversi.

E sappiamo che ci sono, ad esempio, l’ocote e il pino, che ci sono il caoba, il cedro, il bayalté e ci sono molti altri tipi di alberi.

Ma sappiamo anche che ogni pino e ogni ocote non è lo stesso, ciascuno è diverso.

Lo sappiamo, sì, ma quando la vediamo così la chiamiamo foresta o montagna.

Bene, siamo qui come una foresta o come un monte.

Siamo tutte donne.

Ma sappiamo che ci sono donne di diversi colori, altezze, lingue, culture, professioni, pensieri e forme di lotta.

Ma diciamo che siamo donne, che siamo donne che lottano.

Quindi siamo diverse ma siamo uguali.

E nonostante ci siano donne che lottano che non sono qui ora, noi pensiamo a loro anche se non le vediamo.

E sappiamo anche che ci sono donne che non combattono, che si adattano, vale a dire che si lasciano andare.

Quindi possiamo dire che ci sono donne in tutto il mondo, una foresta di donne, e quel che le rende uguali è l’essere donna.

Ma noi, come donne zapatiste, vediamo qualcos’altro che sta succedendo. E si tratta del fatto che a renderci uguali ci sono anche la violenza e la morte.

Ecco la modernità di questo fottuto sistema capitalista. Vediamo che ha fatto diventare foresta le donne di tutto il mondo con la sua violenza e la sua morte che hanno il volto, il corpo e la testa idiota del patriarcato.

Quindi vi abbiamo invitate per parlarci, per ascoltarci, per guardarci, per festeggiarci.

Abbiamo pensato di stare solo tra donne per poterci parlare, ascoltare, guardare e festeggiare senza lo sguardo degli uomini, non importa che siamo buoni o cattivi.

L’importante è che siamo donne e che siamo donne che lottano, vale a dire che non ci adattiamo a quel che sta succedendo e ognuna, con i propri modi, con i propri ritmi e i propri luoghi, lotta e si ribella. Si incazza insomma, e fa qualcosa.”

Dal discorso pronunciato dalla Comandanta Insurgente Erika durante l’apertura del Primo Incontro Internazionale Politico Artistico Sportivo e Culturale delle Donne che Lottano. (8 Marzo 2018)

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