Sabato 15 maggio alle ore 17 saremo anche noi in Piazza Santa Maria di Castello ad Alessandria contro la violenza omolesbobitransfobica, per l’approvazione della legge Zan e #moltopiùdizan!
L’Italia – secondo la Rainbow Map dell’ILGA, International Lesbian and Gay Association – è agli ultimi posti in Europa per la protezione dei diritti umani della comunità LGBTQ+.
Nel campo dei crimini d’odio, siamo una delle tre nazioni dell’Unione europea a non avere alcuna legge che punisca queste manifestazioni, insieme alle sole Bulgaria e Lituania. Secondo il progetto “Hate Crimes No More” del Centro Risorse Lgbti, il 73% delle persone LGBTQ+ ha subìto violenza omotransfobica, ma solo il 23% ha denunciato. Colpa anche di un vuoto normativo che scoraggia la ricerca della giustizia e che potrebbe finalmente essere colmato. Una legge nazionale è, dunque, più che necessaria, dal momento che le leggi regionali e altri strumenti come le reti comunali contro le discriminazioni si sono rivelati insufficienti o vengono puntualmente smantellati da giunte e consigli di centrodestra. Il DDL Zan rappresenterebbe (finalmente!) una delle poche tutele reali e l’unica specifica per i reati d’odio basati sull’orientamento sessuale, l’identità di genere e la disabilità, per questo dev’essere approvata!
Crediamo che questa legge non basti e che debba trattarsi solo di un inizio. La violenza omolesbobitransfobica è strutturale nella nostra società e produce esclusione, disuguaglianza economica e sociale. Per questo pensiamo che la legge Zan sia solo un inizio e continuiamo a lottare per il diritto di tutt* all’autodeterminazione attraverso educazione, salute, welfare, reddito.
Non bastano pene più severe se le premesse della violenza che subiamo restano immutate: il diritto penale e il carcere non risolvono problemi che sono di natura prima di tutto sociale e culturale. Vogliamo misure di contrasto alle discriminazioni e all’esclusione dal lavoro, educazione sessuale ed all’affettività nelle scuole di ogni ordine e grado, il pieno riconoscimento della genitorialità per tutt*. Reclamiamo consultori e centri antiviolenza autonomi, per le donne e per le persone LGBT*QIAP+, la fine della rettificazione genitale alla nascita per le persone intersex, la piena depatologizzazione dei percorsi di transizione e una riforma della legge n. 164/1982, una legge che vieti le cosiddette “terapie di riconversione”. Vogliamo che i fondi messi in campo dalla legge per centri e case rifugio siano molti di più e legati ai bisogni reali delle nostre soggettività.
Per tutte queste ragioni scendiamo in piazza, per dire con i nostri corpi che il sesso non è un destino e che le nostre vite contano, oltre gli schemi imposti!