La Giunta della regione Piemonte, nella figura dell’assessore alle politiche dell’integrazione sanitaria Maurizio Marrone, si ostina a portare avanti campagne paternalistiche e maschiliste contro il diritto delle donne di decidere sul proprio corpo, e a finanziare, con fondi pubblici, le associazioni antiabortiste.
Nel promuovere l’ennesimo attacco, che questa volta si Fondo “Vita Nascente”, l’assessore ha addirittura avuto il coraggio di dichiarare che il suo intento è quello di applicare una sezione della legge 194/78, ancora mai applicata in regione. Un passaggio che ci risulta abbastanza oscuro – considerato che per applicare la 194/78 basterebbe rendere effettivamente i consultori accessibili e femministi e l’aborto libero, gratuito e sicuro per tutt* – e che ci offre la possibilità di ricordare quanto sia necessaria una revisione della legge. Vogliamo una legge effettivamente rispettoso del diritto umano di autodeterminazione da parte delle donne sul proprio corpo, che cancelli definitivamente la possibilità da parte di un ginecologo, di una ginecologa, di dichiararsi obiettore o obiettrice, che garantisca adeguati fondi di finanziamento ai consultori pubblici territoriali, e non ad associazioni esterne di stampo antiabortista.
Il messaggio che la giunta e l’assessore passano con questa mossa dipinge l’odioso quadro per cui un persona decida di abortire o meno a partire esclusivamente dalle risorse economiche che ha a disposizione e che le associazioni antiabortiste siano enti in grado di agevolare la ripresa delle nascite. Non si proferisce parola sull’importanza del finanziamento dei consultori pubblici e del personale che vi presta servizio, nè sulla possibilità di dirottare i fondi regionali ai servizi nido per bambini e bambine. Nemmeno una parola nemmeno sul garantire a genitore o genitori una casa sicura in cui abitare, nè di congedi parentali, assistenza ai bambini, benefit, accordi per gli orari di lavoro, forme di lavoro flessibile…
Evidentemente, per la Giunta Regionale tutto questo è secondario. La politica si mantiene quella di dare soldi alle associazioni antiabortiste e spendersi in disgustosi proclami di risorse destinate alle donne, mentre si continuano a ridurre i servizi gratuiti nei consultori – da ottobre 2021 le visite ginecologiche sono erogate dietro pagamento di un ticket – e ad ostacolare l’applicazione della direttiva nazionale per la somministrazione della pillola abortiva RU486. Su uno staff di 11 medici nel reparto di ginecologia dell’Ospedale di Alessandria, un solo un medico pratica l’interruzione di gravidanza, un dato purtroppo in linea con i numeri regionali.
Viviamo sulla nostra pelle, queste inqualificabili mosse politiche.
Le viviamo con orrore, ma senza rassegnazione.
Ci vogliamo viv*, ci vogliamo in salute, ci vogliamo liber*!
Non faremo un solo passo indietro, sui nostri corpi decidiamo noi!